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La responsabilità da cose in custodia
Il codice civile, all’art. 2051, prevede espressamente che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Nell’ipotesi in cui il danno derivi dall’uso della cosa si è al di fuori dell’ambito applicativo dell’art. 2051 c.c, che richiede, al contrario, che il danno derivi direttamente dalla cosa, in ragione della sua particolare natura, della sua concreta potenzialità dannosa, o del suo dinamismo intrinseco[1].
Nozione di custode
Colui il quale è chiamato a rispondere del danno derivante dalla cosa è il custode del bene stesso. Egli è da considerarsi come quel soggetto che eserciti sulla cosa una signoria di fatto che gli consenta di controllare i rischi inerenti alla cosa e di evitare che la stessa possa produrre dei danni.
Natura giuridica della responsabilità
In relazione alla natura giuridica della responsabilità da cosa in custodia, la dottrina dominante ritiene che trattasi di responsabilità oggettiva, in quanto il custode è chiamato a rispondere del danno derivante dalla cosa a prescindere da un suo eventuale comportamento colposo, sulla base della sola sussistenza di un nesso di causalità tra la cosa e l’evento dannoso[2].
Per evitare la propria responsabilità il custode non deve provare la sua assenza di colpa ma deve unicamente fornire la prova positiva dell’intervento di una causa esterna alla sua sfera di azione idonea a porre in essere l’evento lesivo.
[1] A. Geraci, Compendio di diritto civile, Nel diritto editore, 2021.
[2] A. Geraci, op. cit.