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Velocizzare la pratica per la cittadinanza
Spesso può accadere che, nonostante siano passati mesi o addirittura anni, la domanda per la concessione del provvedimento di cittadinanza non venga esitata dall’amministrazione pur essendo decorsi i termini di legge.
È possibile velocizzarla?
La risposta è SI, grazie all’intervenuto di un legale che ti assista nello svolgimento della pratica.
Ma vediamo in concreto attraverso quali rimedi è possibile velocizzare la pratica di cittadinanza.
La pratica di cittadinanza deve seguire uno specifico iter (che si articola in 7 mesi) le quali devono essere obbligatoriamente rispettate dall’Amministrazione.
Le stesse, poi, devono essere concluse allo scadere di un determinato termine fissato dalla legge.
a) Per le istanze presentate prima del 20 dicembre 2020 il termine di definizione della procedura è di 48 mesi.
b) Per le domande presentate a partire dal 20 dicembre 2020 il termine massimo di conclusione dei procedimenti di concessione della cittadinanza italiana è di 24 mesi prorogabili fino ad un massimo di 36 mesi, ai sensi dell’art. 4, comma 5 del D.L. 21 ottobre 2020, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173.
Ebbene, sia all’interno dei termini fissati dalla legge e sia allo scadere degli stessi è possibile velocizzare la conclusione della pratica di cittadinanza.
1) SOLLECITO
Il sollecito si colloca all’interno dei 24 mesi, vale a dire quando la Pubblica Amministrazione è ancora nei termini per concludere la pratica di cittadinanza.
Come anticipato, il procedimento per la concessione della cittadinanza si articola in 7 fasi le quali devono essere obbligatoriamente rispettate dalla Pubblica Amministrazione. È possibile controllare lo stato di avanzamento della pratica direttamente sulla propria area personale.
Attraverso il sollecito il soggetto istante riesce a monitorare lo stato di avanzamento della pratica di cittadinanza con l’intento (ove sussistano determinate ragioni) di velocizzare la propria pratica anche prima della scadenza dei 24 mesi.
2) DIFFIDA
A differenza del sollecito che si colloca all’interno dei 24 mesi l’atto di diffida si pone allo scadere di tale termine.
La diffida, dunque, interviene allo scadere del termine massimo di 24 mesi previsto dalla legge (36 o 48 a seconda della data di presentazione della domanda).
Mediante l’atto di diffida, e inviato dall’avvocato, il cittadino intima formalmente l’Amministrazione a concludere la pratica di cittadinanza una volta che siano scaduti i termini per la concessione della cittadinanza.
Decorsi i 24/36 o 48 mesi, infatti, l’Amministrazione è obbligata per legge ad adottare il provvedimento finale, positivo o negativo che sia a seconda dei casi.
3) RICORSO AL T.A.R.
È possibile, infine, presentare ricorso innanzi al T.A.R. Lazio, competente in materia.
Attraverso la notifica e il deposito in giudizio del ricorso si chiede al Giudice amministrativo di ordinare al Ministero dell’Interno di emettere il provvedimento finale di concessione della cittadinanza italiana.
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