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Inammissibilità ricorso pensione privilegiata
L’art. 153 del D.lgs. n. 174 del 26 agosto 2016, ha previsto i casi in cui i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, tra cui, qualora questi si propongano domande sulle quali non si sia provveduto in sede amministrativa, ovvero per le quali non sia trascorso il termine di legge dalla notificazione all’amministrazione di un formale atto di diffida a provvedere (cfr. lettera b).
La disposizione, riprende, confermando la vigenza del principio, l’art. 71 lett. b) del R.D. n. 1038/1933, il quale prevedeva, appunto, un’espressa sanzione di inammissibilità allorquando si propongano domande per le quali non si sia provveduto in sede amministrativa.
A tal proposito, la Giurisprudenza più autorevole ha ritenuto, con orientamento pressoché costante, che l’obliterazione della fase amministrativa comporti l’inammissibilità di qualsiasi doglianza[1].
A tal proposito è stato, difatti, chiarito che, per introdurre un valido procedimento giudiziale dinanzi alla Corte dei conti, è necessario che il proponente non solo sia portatore di un interesse pensionistico che si pretenda leso da un atteggiamento dell’autorità amministrativa, ma che detto atteggiamento si sia compendiato o in un provvedimento definitivo adottato dall’Amministrazione, ovvero in un comportamento al quale la legge stessa attribuisca valore equipollente a un formale atto di diniego.
Tale valore equipollente al formale atto di diniego è stato poi riconosciuto al procedimento da porre in essere ai fini della formazione del silenzio rifiuto.
[1] Cfr. Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Sardegna, sent. n. 65/2022; Sezione Sardegna n. 49 del 2017; Sezione Lombardia n. 16 del 2021.