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Accettazione tacita di eredità: possesso dei beni
Il Codice civile, all’art. 474 c.c., in materia di accettazione di eredità, dispone che questa può avvenire in maniera espressa o tacita.
L’articolo 475 c.c. precisa che “l’accettazione è espressa quando, in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato all’eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede”, l’accettazione è invece tacita “quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede” (art 476 c.c.).
Vi sono dei casi tuttavia in cui l’acquisto avviene ex lege uno di questi è quello previsto all’art. 485 c.c. secondo cui “il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità” e “trascorso tale termine senza che l’inventario sia stato compiuto, il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice”.
Per quanto concerne quest’ultima fattispecie la suprema Corte di Cassazione ha affermato che “il possesso dei beni ereditari previsto dall’art. 485 c.c. … non deve necessariamente riferirsi all’intera eredità, essendo sufficiente il possesso di un solo bene … né deve manifestarsi in una attività corrispondente all’esercizio della proprietà dei beni ereditari, esaurendosi in una mera relazione materiale tra i beni ed il chiamato all’eredità, e cioè in una situazione di fatto che consenta l’esercizio di concreti poteri su beni, sia pure per mezzo di terzi detentori, con la consapevolezza della loro appartenenza al compendio ereditario” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 4456 del 2019).