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È possibile riconoscere la causa di servizio al docente pendolare?
Al docente che ha contratto delle patologie a seguito di quotidiani spostamenti dalla località di residenza per raggiungere la sede della propria attività lavorativa deve essere riconosciuta la causa di servizio con i conseguenti benefici che ne consegue gono.
A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22865 dell’8 ottobre 2013.
Nel caso in cui un docente pendolare sviluppi patologie fisiche e mentali a seguito dei continui spostamenti, spetterà al Ministero il pagamento ed il risarcimento.
Elemento essenziale ai fini della causa di servizio è la certificazione concernente l’impiego scolastico quotidiano, caratterizzato, appunto, da continui spostamenti, coprendo significative distanze.
Ecco il testo integrale del provvedimento.
Cassazione Civile, Sez. Lav., sentenza n. 22865 dell’08 ottobre 2013;
FATTO
1. Con ricorso depositato in data 15.07.2003 il la docente conveniva in giudizio in Ministero dell’Istruzione. Università e ricerca, nonché l’Ufficio scolastico regionale per il Lazio richiedendo che fosse accertato che la patologia dalla stessa allegata fosse insorta per causa di servizio e che, in conseguenza di ciò, le fosse riconosciuto il relativo trattamento indennitario previsto per l’insorgenza di malattia dipendente da causa di servizio.
Esponeva, infatti, la ricorrente di aver insegnato materie letterarie in varie scuole ed in varie parti d’Italia e, per questo, di aver dovuto viaggiare con qualsiasi tempo e in qualsiasi stagione dell’anno, avendo alfine riportato patologia uditiva ed osteoarticolare
Il MIUR si costituiva in giudizio e contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto richiamando quanto affermato in sede amministrativa dal competente Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie che aveva escluso che le infermità lamentate potessero dipendere da fatti di servizio.
Il Tribunale di Roma ha rigettato il ricorso proposto ritenendo che non fosse stato assolto l’onere probatorio incombente sulla ricorrente per non aver questa indicata con chiarezza quali e quante siano le sedi di servizio difficilmente raggiungibili o che comunque comportavano notevoli disagi nei tragitti.
La C.T.U. medica aveva si ritenuto le infermità a carico dell’apparato osteo-articolare, riscontrate nella ricorrente, contratte in servizio e a causa di servizio, con ascrivibilità alla tabella A ctg. 8 delle tabelle annesse al dpr 384/1981.
Ma riteneva il Tribunale di disattendere le conclusioni dell’ausiliare, in quanto non risultava dimostrato, né era stata formulata istanza istruttoria sul punto, quali e quante fossero state le sedi di servizio difficilmente raggiungibili e che comportavano un notevole disagio nei tragitti, senza che la lacuna, al di là di mera inferenza logica, potesse essere colmata dalla consulenza tecnica di ufficio.
2. Nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma proponeva appello la ricorrente censurando, in particolare, la scelta del Giudice di primi grado nella parte in cui aveva affermato la mancanza di allegazione e prova delle mansioni espletate e delle modalità morbigene delle stesse, senza tener in debita considerazione quanto era emerso dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio.
La Corte d’appello di Roma, ha accolto l’appello, e, per l’effetto, ha riconosciuto le infermità riscontrate in capo alla ricorrente come contratte in servizio ed a causa di servizio, condannando la p.a. al pagamento dell’indennizzo nonché delle spese processuali.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il MIUR.
Resiste con controricorso la parte intimata che ha anche depositato memoria.
DIRITTO
1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui il Ministero denuncia la violazione o errata applicazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con l’art. 68 d.p.r. n. 3 del 1957.
Lamenta che la docente non ha assolto all’onere probatorio relativamente alle mansioni svolte.
La ricorrente si limitava esclusivamente a chiedere la consulenza tecnica d’ufficio. Sostiene il ministero che l’originaria ricorrente non aveva provato la riconducibilità dell’infermità denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita.
2. Il ricorso è infondato.
È accertata la causa di servizio a seguito della CTU.
Si tratta di una tipica valutazione di merito rispetto alla quale il motivo di ricorso si atteggia a mero dissenso nell’apprezzamento delle risultanze di causa.
In proposito questa Corte (Cass. civ., sez. un., 17 giugno 2004, n. 11353), con riguardo alla domanda di equo indennizzo, ha affermato che grava sul lavoratore l’onere di provare, con precisione, i fatti costitutivi del diritto.
Lo stesso, infatti, deve dimostrare che le infermità siano state contratte nell’esercizio dell’attività lavorativa, variabili in relazione al luogo di lavoro, ai turni di servizio, all’ambiente lavorativo.
Le mansioni inerenti alle qualifiche, non configurando un fatto notorio che non necessita di prova.
Il nesso fra lavoro ed evento esige una dimostrazione ancorata a specifiche situazioni di fatto, relativamente alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio.
Non è possibile che il tutto venga desunto sulla base di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico
Nella specie la prova è stata ritenuta dalla Corte d’appello in due consulenze tecniche d’ufficio, in primo e secondo grado, entrambe favorevoli all’originaria ricorrente.
Il ricorso del MIUR deve essere rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in euro 50.00 per esborsi oltre euro (tremila).