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1. Cosa si intende per beni paesaggistici?
Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.
L’art. 2 del D.Lgs 42/2004 stabilisce che “sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’articolo 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge”.
Il legislatore nazionale ha dato attuazione all’art. 9 della Costituzione il quale, accanto alla tutela del patrimonio storico ed artistico, afferma il principio della tutela del paesaggio quale valore primario del nostro ordinamento[1].
Tuttavia, le nozioni di paesaggio e beni paesaggisticinon sono coincidenti: infatti, mentre per paesaggio si intende il territorio “espressivo di identità il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”[2] per beni paesaggistici si indicano quegli aspetti del paesaggio che, per le loro caratteristiche culturali o storiche sono da ritenersi meritevoli di tutela.
Tali definizioni sono frutto del D.Lgs n. 63 del 2008 il quale ha ridisegnato il sistema della tutela del paesaggio anche alla luce degli interventi della Corte Costituzionale.
2. Quali categorie esistono di beni paesaggistici?
L’art. 134 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio distingue 3 categorie di beni paesaggistici:
a) gli immobili e le aree di cui all’articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141. Trattasi di immobili e di aree individuate e vincolate tramite un provvedimento amministrativo che ne indichi il notevole interesse pubblico e sono: bellezze panoramiche, ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza.
b) Le aree vincolate ex lege e sono, ad esempio, corsi d’acqua, alcuni fiumi, torrenti, ghiacciai, vulcani o foreste.
c) Gli ulteriori immobili e le aree di notevole interesse pubblico sottoposti a tutela attraverso piani paesaggistici.
I vincoli paesaggistici, siano essi apposti con un provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136 (c.d. vincoli del primo tipo), o fondati direttamente sulla legge a norma dell’art. 142 (c.d. vincoli del secondo tipo), o ancora posti per mezzo di un piano paesaggistico ai sensi dell’art. 143 (c.d. vincoli del terzo tipo), rappresentano i principali strumenti di tutela dei beni paesaggistici.
A questi si affiancano piani paesaggistici e l’autorizzazione paesaggistica.
3. I piani paesaggistici
I piani paesaggistici costituiscono strumenti di ricognizione del territorio e identificazione e salvaguardia del paesaggio ritenuto meritevole di tutela, e sono approvati dalle regioni sulla base di indirizzi formulati dal Ministero, che individuano le linee fondamentali dell’assetto del territorio[3].
L’elaborazione del piano avviene mediante un’attività congiunta tra Ministero e Regione.
4. L’autorizzazione paesaggistica
L’autorizzazione paesaggistica, invece, è uno strumento di controllo delle trasformazioni del paesaggio attraverso cui l’amministrazione valuta preventivamente la conformità urbanistico-edilizia di un bene su un bene paesaggisticamente vincolato.
In buona sostanza si tratta di una forma di controllo preventivo sulle attività dell’uomo che insistono su immobili o aree di notevole interesse pubblico e che potrebbero produrre una alterazione dello stato dei luoghi o dei beni in modo tale da pregiudicare quei valori naturali, estetici e storico-culturali che rappresentano manifestazioni percepibili di identità del paesaggio[4].
[1] R. Garofoli, Compendio di diritto amministrativo, I settori Speciali, Nel diritto editore, 2021.
[2] Art. 131 D.lgs 42/2004.
[3]R. Garofoli, op. cit.
[4] A. Ferretti, Manuale di diritto dei beni culturali e del paesaggio, Edizioni Giuridiche Simone, 2019.