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I poteri del datore di lavoro

L’art. 41 della nostra Costituzione sancisce la libertà di iniziativa economica. Tale libertà, tuttavia, deve svolgersi in ossequio e nel pieno rispetto della sicurezza, della libertà e della dignità umana.

Per tali ragioni, al fine di assicurare tale esercizio l’ordinamento giuridico riconosce in capo al datore di lavoro nell’esercizio dell’attività di impresa la possibilità di esercitare nei confronti dei dipendenti determinati poteri, in particolare, quello direttivo, quello di controllo e quello disciplinare.

È fuori discussione che tali poteri debbano essere esercitati nel rispetto della personalità e della salute del lavoratore nonché in modo congruo evitando arbitrarietà e comportamenti pretestuosi da parte del datore.

Analizziamo nel dettaglio i suddetti poteri.

  1. Potere direttivo

Per potere direttivo del datore di lavoro si fa riferimento a quell’insieme di poteri giuridici che questi può legittimamente esercitare nei confronti del lavoratore subordinato. Fungono da bilanciamento al potere direttivo del datore di lavoro il dovere di obbedienza e di fedeltà prescritto al prestatore di lavoro.

Il potere direttivo può essere esercitato sia in forma orale che in forma scritta.

Tale potere presuppone sempre un rapporto gerarchico tra imprenditore e dipendente.

2. Potere di controllo

Il potere di controllo consistente, invece, nella verifica circa l’esatta esecuzione della prestazione, nel rispetto delle prescrizioni impartite, nell’impiego della diligenza dovuta e nel rispetto degli obblighi di fedeltà.

Anche per tale potere sono previsti una serie di limiti per evitare controlli arbitrari da parte del datore di lavoro.

3. Potere disciplinare

Secondo quanto previsto dall’art. 2106 c.c. nel caso di inosservanza dei doveri di diligenza, obbedienza e fedeltà da parte del lavoratore,  il datore può applicare costui sanzioni disciplinari secondo la gravità dell’infrazione.

Analizzando più nel concreto possiamo dire che per diligenza non bisogna far riferimento a quella del buon padre di famiglia contenuta nell’art. 1176 c.c. ma a quella relativa alla natura della prestazione richiesta, all’interesse dell’impresa, al superiore interesse della produzione nazionale.

Dunque, la diligenza cui deve conformarsi il prestatore di lavoro è associata alla natura della prestazione, cioè alla specifica attività cui il lavoratore è obbligato. Altro obbligo cui è tenuto il lavoratore è quello di obbedienza ossia nel rispetto delle disposizioni impartite dall’imprenditore e da tutti coloro che ricoprono una posizione gerarchicamente superiore al dipendente.

L’obbligo di fedeltà, ai sensi dell’art. 2105 c.c., obbliga il lavoratore non solo a non svolgere attività concorrenziali rispetto a quella datoriale ma anche ad osservare un obbligo di riservatezza nell’organizzazione e nei metodi di produzione dell’impresa.

La violazione di tali obblighi fa si che il datore possa irrogare delle sanzioni al lavoratore nel rispetto di una serie di limiti fissati dal legislatore e dalla nostra Costituzione. Non sussiste, infatti, alcun automatismo sanzionatorio.

L’attribuzione della rilevanza disciplinare ad un determinato comportamento spetta al datore di lavoro, in quanto contenuta nel potere di direzione dell’impresa di cui all’art. 2086 c.c.

Tale discrezionalità nell’esercizio del potere disciplinare ha, però, dei limiti.

Infatti, affinchè possa il potere disciplinare essere correttamente esercitato, in ossequio al principio di tipicità e legalità nell’esercizio del potere sanzionatorio è necessario che il datore di lavoro predisponga un codice disciplinare, pubblicizzato e affisso in un luogo accessibile a tutti.

Sono poi necessarie ulteriori tre fasi prima dell’irrogazione della sanzione.

  • Contestazione dell’infrazione commessa in maniera scritta, specifica, tempestiva ed immutabile. Infatti, il datore di lavoro non può far valere nuove ed ulteriori circostanze a sostegno del licenziamento rispetto a quelle contestate.
  • Difesa del lavoratore. Questi, infatti, ha diritto di essere ascoltato dal datore di lavoro entro cinque giorni dalla contestazione nonché farsi assistere da un rappresentante sindacale.
  • Irrogazione della sanzione. Solo al termine di questa procedura il datore di lavoro potrà irrogare la sanzione al lavoratore nel rispetto del principio di proporzionalità.

Inoltre, è necessario che vi siano ulteriori condizioni per l’irrogazione della sanzione che sono:

  • Sussistenza del fatto addebitato;
  • Proporzionalità ed adeguatezza tra infrazione commessa e sanzione;
  • Divieto di irrogazioni di sanzioni diverse da quelle tipizzate;
  • Limitata rilevanza nel tempo della recidiva: delle sanzioni irrogate non si può tener conto decorsi due anni dalla loro applicazione.