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Il diritto di sciopero

– Definizione e fondamento Costituzionale

Lo sciopero è una delle principali forme di autotutela dei lavoratori. Esso consiste in un’astensione totale o parziale dei lavoratori subordinati per la tutela dei loro interessi.

La sua affermazione nel nostro ordinamento è stata lunga e tortuosa: infatti, fino al 1889 era tipizzato dal Codice Rocco come un reato. Nel 1926 è stato, poi, considerato come una libertà per poi divenire nuovamente reato in epoca fascista.

Esso è oggi espressamente previsto dall’art. 40 della Costituzione e costituisce un diritto soggettivo fondamentale ed irrinunciabile per il prestatore di lavoro. Sul punto, infatti, si tenga presente che lo stesso non è riconosciuto al datore di lavoro.

– Limiti

Il diritto di sciopero non è però illimitato. Esso, infatti, è sottoposto ad alcuni limiti: interni che cioè derivano dalla stessa nozione di sciopero, da intendersi restrittivamente, che esterni ossia derivanti dal contemperamento con altri diritti di pari rango costituzionale.

In particolare, relativamente ai limiti esterni, sono esclusi dalla titolarità del diritto di sciopero tutti quei lavoratori che svolgono attività connesse o strumentali alla tutela di tali diritti come ad esempio lo sciopero per i militari.

– Effetti dello sciopero sul rapporto di lavoro

Lo sciopero ha come principale conseguenza la perdita di retribuzione da parte del lavoratore che ha partecipato allo stesso.

Infatti, la partecipazione allo sciopero legittima il datore di lavoro allo sospensione dell’obbligazione retributiva sia in relazione alle mensilità ordinarie che al T.F.R. e alla tredicesima mensilità.

Sussiste, invece, un diritto alla retribuzione parziale nel caso di sciopero a singhiozzo (breve astensione dal lavoro con ripresa dello stesso) o a scacchiera (astensione in modo alternato di gruppi o reparti di lavoratori fra loro collegati nell’attività produttiva).

Tuttavia, il datore di lavoro ha la facoltà di poter rifiutare la prestazione offerta ove questa non sia proficua.    

– Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali

L’art. 1 della legge n. 146/1990 definisce come essenziali quei servizi volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione.

Ebbene, nei servizi pubblici essenziali il diritto di sciopero è subordinato ad una serie di condizioni:

– adozione di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili con un preavviso minimo non inferiore a dieci giorni;

– obbligo di fornire informazioni alle utenze circa lo sciopero;

– obbligo di esperire un preventivo tentativo di conciliazione per le parti;

– Differenza con la serrata

Quando parliamo di serrata, invece, facciamo riferimento ad una sospensione totale, parziale o temporanea dal lavoro indetta direttamente dall’azienda, dall’ imprenditore o dal datore di lavoro al fine di fare pressioni sui lavoratori.

Essa, a differenza dello sciopero, non trova alcun riconoscimento all’interno della nostra Costituzione ma, anzi, è considerata illegittima ai sensi dell’art. 502 c.p.

La stessa può essere consentita unicamente per ragioni contrattuali.