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Il principio del ne bis in idem

Il principio del ne bis in idem

Con la locuzione ne bis in idem ci si riferisce ad un brocardo latino che  significa “non due volte per la stessa cosa”.

Più specificamente, un Giudice non può esprimersi due volte sulla stessa fattispecie, qualora questa sia divenuta cosa giudicata.

La ratio sottesa a tale postulato consta nel fatto che all’interno di un sistema giudiziario non è consentito giudicare un cittadino sulla medesima circostanza.

Tale criterio è rinvenibile sia a livello nazionale che sovranazionale.

Nel nostro ordinamento, infatti, rilevante importanza assume l’art. 649 c.p.p. ai sensi del quale “l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345.

Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.”

Per meglio chiarire la portata di tale principio è, altresì, intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 34655 del 28.6.05, con la quale ha chiarito che “non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato deve essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, deve essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità.

La non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restanoinvece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente”.

Come anticipato, il principio del ne bis in idem ha trovato riconoscimento anche in ambito sovranazionale: in particolare l’art. 4 prot. 7 aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) sancisce che “nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato“[1].

Nel diritto nazionale, dunque, qualora la sentenza sia divenuta cosa giudicata l’imputato non può essere processato due volte per lo stesso reato (tranne casi di revisione della condanna in senso favorevole al reo) e nel caso di anomalie giuridiche in cui un imputato venga processato due volte di seguito dallo stesso tribunale, per lo stesso reato e nello stesso grado di giudizio[2].

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[1] E. Scozzarella, La questione del ne bis in idem nella giurisprudenza della CEDU e nella giurisprudenza nazionale di merito, di legittimità e della Corte Costituzionale, diritto penale contemporaneo.