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1. Il ricorso gerarchico
Il ricorso gerarchico è un rimedio accordato a chi ha interesse a contestare, innanzi all’autorità sovraordinata, i provvedimenti non definitivi dell’autorità gerarchicamente inferiore che assuma viziati per ragioni di legittimità o di merito[1].
2. I presupposti di ammissibilità
Affinché possa legittimamente presentarsi un ricorso gerarchico è necessario che sussistano alcuni requisit:
a) non definitività del provvedimento impugnato: sono “definitivi” i provvedimenti nei confronti dei quali non è più ammissibile un riesame, se non in sede di autotutela;
b) legittimazione a ottenere la decisione, la quale dipende da due condizioni: che vi sia un interesse (sostanziale) direttamente, o indirettamente, protetto dall’ordinamento e che tale interesse sostanziale sia stato leso dal provvedimento impugnato[2];
c) interesse alla decisione, che sussiste qualora l’eventuale accoglimento della domanda sia in grado di
attribuire effettivamente al ricorrente una qualche utilità. L’interesse deve essere: personale; diretto; attuale.
3. Tipologie di ricorsi gerarchici
Nel nostro ordinamento è possibile distinguere due tipi di ricorsi gerarchici: quello proprio e quello improprio.
a) Si parla di ricorso gerarchico proprio quando tra l’autorità che ha emanato l’atto e quella decidente viene in rilievo un vero rapporto gerarchico, cioè un rapporto di subordinazione. Tale rapporto di gerarchia sussiste solo tra organi individuali; è soltanto esterno (non rileva la gerarchia interna nell’ambito di un medesimo organo) e intercorre solo tra organi appartenenti allo stesso ramo di Amministrazione.
Trattasi di un rimedio generale: esso è, infatti, ammesso anche in assenza di un’espressa previsione normativa, purché vi sia un’Amministrazione con una struttura gerarchizzata.
Il ricorso gerarchico è ammesso solo in unico grado: in esito alla sua definizione si produce in ogni caso la definitività dell’atto amministrativo, anche se il ricorso è stato proposto ad autorità rispetto alla quale sussistono ulteriori organi sovraordinati[3].
Tale ricorso è proponibile sia per vizi di legittimità che di merito. In quest’ultimo caso, l’autorità adita potrà sia revocare l’atto che riformarlo.
Non può essere proposto contemporaneamente ricorso giurisdizionale e ricorso gerarchico. In caso di contemporanea proposizione, prevale il ricorso giurisdizionale.
Presentato il ricorso l’autorità amministrativa ha l’obbligo di pronunciarsi.
Infatti, trascorsi 90 giorni senza che vi sia stata alcuna pronuncia il ricorso è da intendersi respinto[4].
Tuttavia, anche dopo lo spirare dei 90 giorni l’amministrazione non perde il proprio potere decisionale. Qualora poi la decisione tardiva sarà di rigetto, il soggetto interessato potrà impugnarla con la proposizione di motivi aggiunti sia in sede giurisdizionale che in quella straordinaria.
La decisione emessa sul ricorso amministrativo non può essere annullata revocata d’ufficio dalla Pubblica Amministrazione. La decisione adottata deve essere comunicata in via amministrativa, oltre che al ricorrente e all’organo che aveva emanato l’atto impugnato, anche a tutti gli interessati ai quali il ricorso era stato notificato.
La pronuncia intervenuta sul ricorso gerarchico può essere impugnata, in sede giurisdizionale, dal ricorrente o da parte di altri soggetti interessati, fatta eccezione per l’autorità che ha adottato ilprovvedimento base, rispetto alla quale la decisione assume carattere vincolante[5].
L’impugnazione può essere proposta innanzi al Giudice Amministrativo o al Giudice Ordinario a seconda della natura della posizione giuridica vantata di diritto soggettivo o di interesse legittimo.
b) Si ha, invece, ricorso gerarchico improprio quando tra l’organo che ha adottato l’atto e quello a cui si ricorre manca un rapporto di gerarchia e il potere di decidere il ricorso deriva da una espressa disposizione di legge[6].
Trattasi, pertanto, di un rimedio a carattere eccezionale, potendo essere presentato solo nei casi tassativi previsti dalla legge. Solo in mancanza di una normativa specifica si applica, per analogia, la disciplina prevista dal D.P.R. 1199/1971.
La disciplina del ricorso gerarchico improprio è contenuta nel D.P.R. n.1199/1971 per Il ricorso gerarchico, salve specifiche previsioni di legge: esso deve essere proposto, di regola, entro il termine decadenziale di 30 giorni e notificato, a cura del ricorrente o dell’Autorità adita, a tutti i controinteressati. La decisione deve essere pronunciata entro 90 giorni, decorsi i quali si forma il silenzio-rigetto.
[1] F. Caringella, Manuale ragionato di diritto amministrativo, Dike Giuridica, 2022.
[2] R. Garofoli, Compendio di diritto amministrativo, Nel diritto editore, 2021.
[3] F. Caringella, op.cit.
[4] Art. 6 D.P.R. n. 1199/1971.
[5] R. Garofoli, Compendio di diritto amministrativo, Nel diritto editore, 2021.
[6] F. Caringella, op.cit.