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Il silenzio amministrativo

1. Il silenzio amministrativo: profili generali.

Il silenzio amministrativo è il fenomeno dell’inerzia mantenuta dalla Pubblica Amministrazione sulle istanze rivolte dai privati.

Infatti, l’art. 2 della Legge n. 241/1990 stabilisce espressamente che “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.

Il suddetto articolo 2, dunque, dispone che (salvo diversa statuizione) il procedimento amministrativo, sia se iniziato su istanza di parte sia se avviato d’ufficio, deve essere concluso con l’adozione di un provvedimento espresso entro 30 giorni.

Sul punto, autorevole giurisprudenza ha stabilito che “il principio di certezza dei rapporti giuridici impone alla P.A. di concludere il procedimento non solo con l’adozione di un provvedimento formale ma anche in tempi certi e precisi”[1].

Ciò sta a significare che, la sussistenza di un vero e proprio obbligo di provvedere in capo alla Pubblica Amministrazione entro termini specifici.

Solo in alcuni casi non sussiste obbligo di provvedere in capo alla P.A. e sono, per esempio: nel caso in cui l’istanza sia manifestamente infondata, pretestuosa, assurda o illegale.

Il nostro ordinamento giuridico appronta, a fronte del comportamento inerte della Pubblica Amministrazione, due tipologie di tutela:

a) successiva, quando al privato è consentito di reagire per ovviare ed eliminare gli effetti negativi prodotti dall’inerzia tenuta dalla P.A., rivolgendosi all’autorità giudiziaria (in questo contesto si colloca l’istituto del silenzio-inadempimento);

b) preventiva, quando il legislatore interviene a prevenire lo stesso prodursi di possibili effetti pregiudizievoli connessi all’ inerzia: è quanto si verifica nei casi in cui si riconosce al silenzio dell’amministrazione un significato legale tipico, per esempio di accoglimento dell’istanza presentata dal privato (c.d. silenzio-assenso)[2].

2. L’evoluzione del concetto di silenzio

Nel corso degli anni vi sono state due concezioni di silenzio.

La prima riteneva il silenzio come un atto amministrativo implicito (cfr. Consiglio di Stato, sez, IV, sent. n. 429 del 22 agosto 1902).

L’altra tesi, ormai dominante, considera il silenzio come un vero e proprio comportamento inerte da parte dell’amministrazione in spregio all’obbligo di provvedere.

3. Le diverse tipologie di silenzio e la differenza con l’atto amministrativo implicito.

Il legislatore ha tipizzato tre tipologie di silenzio:

a) silenzio rigetto che ricorre nel caso in cui il silenzio della Pubblica Amministrazione è equiparato ad un provvedimento negativo;

b) silenzio accoglimento che si ha quanto l’inerzia della P.A. è equiparata ad un provvedimento favorevole.

Trattasi di un comportamento tipizzato equiparato ad un provvedimento di accoglimento dell’istanza. Esso è disciplinato dall’art. 20 della L. 241/1990.

c) silenzio devolutivo che si ha quando nel corso di un procedimento un organo intermedio non provvede su una richiesta di parere o di perizia, potendo quindi l’organo di amministrazione attiva prescindere dall’atto istruttorio[3].

Dal silenzio va distinto l’atto amministrativo implicito. Infatti, mentre il silenzio consiste in un vero e proprio comportamento omissivo da parte della Pubblica Amministrazione, l’atto amministrativo implicito consiste in un comportamento della P.A. non esplicitato all’esterno ma da considerarsi come un vero e proprio atto amministrativo da cui si desume, seppur implicitamente, la volontà dell’amministrazione.

4. Il potere sostitutivo in caso di inerzia

L’art. 1 del D.L. n. 5 del 2010, conv. Dalla Legge n. 35 del 2013 ha introdotto un’ipotesi di potere sostitutivo in caso di inerzia da parte della Pubblica Amministrazione.

È previsto che l’organo di governo deve individuare, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, un soggetto al quale attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia[4].

Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, il privato cittadino può rivolgersi al soggetto nominato perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento.

Per la conclusione del procedimento il soggetto titolare del potere sostitutivo può provvedere attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

5. L’indennizzo da mero ritardo

L’art. 2 bis della legge sul procedimento amministrativo stabilisce che “le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.

Il privato cittadino, dunque, in caso di inerzia da parte della Pubblica Amministrazione può chiedere a titolo di indennizzo una somma pari a 30,00 euro per ogni giorno di ritardo sino ad un massimo di 2.000,00 euro con decorrenza dalla data di scadenza del termine di conclusione del procedimento.

Il diritto all’indennizzo è legato al “mero ritardo” e, dunque, alla sola inutile scadenza del termine per chiudere il procedimento, mentre il diritto al risarcimento per danno da ritardo, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, è legato alla spettanza del provvedimento favorevole, non essendo considerato il tempo esso stesso bene della vita[5].

6. Profili penali connessi al silenzio

L’art. 328 del codice penale ricollega la consumazione del reato di omissione di atti d’ufficio alla mancata adozione dell’atto entro trenta giorni dall’istanza di chi vi ha interesse.

7. Ricorso avverso il silenzio

Il rito in materia di silenzio è da considerarsi come un vero e proprio rito speciale ed abbreviato.

Esso è regolato dagli artt. 31 e 117 c.p.a. ed appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Tale particolare rito abbreviato riguarda esclusivamente il silenzio inadempimento in senso tecnico, vale a dire quel comportamento omissivo da parte della P.A. innanzi ad un interesse legittimo del privato cittadino.

In caso di silenzio-rigetto si applicherà il rito ordinario previsto dal codice del processo amministrativo.

L’azione può essere proposta fintanto che perduri l’inadempimento e non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.

Decorso tale termine è possibile presentare una nuova istanza innanzi alla P.A.

Per l’instaurazione del giudizio non è necessaria una preventiva diffida.

Il ricorso va notificato alla P.A. e ad eventuali contro interessati a pena di inammissibilità. Il giudizio si svolgerà con rito camerale e si concluderà con una sentenza in forma semplificata.

Qualora venga presentata congiuntamente al ricorso una domanda di indennizzo da mero ritardo il giudice potrà decidere in camera di consiglio il giudizio sul silenzio, mentre la domanda risarcitoria con rito ordinario.

Il Giudice ha la facoltà di nominare anche un commissario ad acta e può pronunciarsi può se trattasi di un’attività amministrativa vincolata.


[1] Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 342/2019.

[2] Cfr. R. Garofoli, Compendio di diritto amministrativo, Nel diritto editore, 2021.

[3] Cfr. R. Garofoli, op.cit.

[4] Art 2 comma 9 bis L. 242/1990.

[5] R. Garofoli, op.cit.