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La successione dei legittimari

1. Chi sono i legittimari?

L’ordinamento giuridico pur riconoscendo al singolo la libertà di disporre per testamento dei suoi beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere, riconosce necessariamente ad alcune categorie di successibili il diritto a ricevere una quota del patrimonio del de cuius.

Dunque, in presenza di legittimari, occorre distinguere tra:

a)  una quota disponibile del patrimonio, di cui il de cuius può liberamente disporre per testamento;

b) una quota di legittima o riserva, della quale non è possibile disporre in quanto riservata per legge ai legittimari,

L’ordinamento, quindi, consente al singolo di disporre liberamente dei suoi beni per il periodo successivo alla morte, ammettendo anche la possibilità di poter effettuare delle donazioni purché non venga lesa la quota di legittima.

A tal proposito, infatti, l’art. 457 comma 3 c.c.  sanscisce la c.d. intangibilità della quota di legittima.

Ogni erede legittimario ha il diritto di ottenere la propria quota in natura e il testatore non può imporre alcun peso o alcun tipo di condizione sulla quota di legittima.

2. Le singole categorie di legittimari

Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità sono: il coniuge, il partner dell’unione civile, i figli e gli ascendenti.

3. Quali sono le quote di riserva loro spettanti?

Se il defunto lascia solo il coniuge – ½

Coniuge più un figlio – 1/3 al coniuge e 1/3 al figlio

Coniuge con due o più figli – ¼ al coniuge e 2/4 ai figli

Solo un figlio – ½

Due o più figli – 2/3

Solo ascendenti (nonni, genitori etc) – 1/3

Coniuge più ascendenti – ½ al coniuge e ¼ agli ascendenti[1].

Il coniuge separato ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato, salvo che non gli sia stata addebitata la separazione.

4. Legato in sostituzione di legittima

Il codice civile all’art. 551 disciplina la figura del legato in sostituzione di legittima.

Trattasi di un legato attraverso il quale il testatore può attribuire al legittimario un diritto particolare privandolo nel contempo della sua quota di riserva.

5. Legato in conto di legittima

Inolte, dalla suindicata categoria si distingue il c.d. legato in conto di legittima che consiste in un’attribuzione a titolo particolare che il testatore compie nei confronti del legittimario: tale attribuzione è computata nella quota di legittima ma non si pone in alternativa ad essa potendo il legittimario chiedere il supplemento se i beni che gli sono stati attribuiti non raggiungono il valore della quota[2].

6. La tutela dei diritti dei legittimari. L’azione di riduzione

Nel caso in cui venga lesa la quota di legittima, l’ordinamento riconosce in capo ai legittimari la possibilità di poter esercitare l’azione di riduzione.

Per poter stabilire se il testatore abbia leso i diritti dei legittimari è necessario calcolare l’entità del suo patrimonio all’epoca dell’apertura della successione.

Tale operazione contabilità è definita riunione fittizia.

L’art. 556 c.c. la suddivide in tre fasi:

1. calcolo del valore dei beni relitti;

2. sottrazione dalla massa formati dai beni dei debiti facenti capo al defunto;

3. riunione fittizia vera e propria, che consiste nel sommare al valore ottenuto con l’operazione di sottrazione sopra indicata (relictum meno i debiti) quello delle donazioni compiute in vita dal de cuius.

Se a seguito di tali calcoli risulti che le disposizioni testamentarie o le donazioni eccedano la quota disponibile del patrimonio, ciascuno dei legittimari può agire mediante l’azione di riduzione con lo scopo di ottenere una riduzione delle attribuzioni patrimoniali.

Tale azione è irrinunciabile dai legittimari fino a quando è in vita il donante e si prescrive nel termine ordinario di dieci anni.

Legittimati attivi sono il legittimario, i suoi eredi o aventi causa.

Legittimati passivi sono il beneficiario testamentario o il donatario.

Ad ogni modo qualora l’azione di riduzione dovesse essere accolta, il donatario o il beneficiario della disposizione testamentaria devono restituire in tutto o in parte il bene.

I legittimari possono agire contro il beneficiario mediante l’azione di restituzione se vogliono ottenere la restituzione del bene.

Trattasi di un’azione avente carattere personale.

Il bene deve essere restituito libero da ogni peso o ipoteca da cui il donatario lo abbia aggravato ed i frutti sono dovuti dalla domanda giudiziale.

7. L’azione di restituzione contro i terzi acquirenti

Se i donatari contro i quali è stata pronunciata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi la restituzione degli immobili.

Comunque, l’azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni, cominciando dall’ultima.

Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di venti anni, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede.

Tuttavia, il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.

In conclusione, ne deriva che il terzo acquirente dal donatario è, nei limiti suddetti, al riparo da pretese del legittimari del donante, a meno che questi ultimi non si siano avvalsi del nuovo istituto dell’opposizione alla donazione, che determina la sospensione del termine ventennale oltre il quale non è possibile chiedere la restituzione del bene al terzo acquirente[3].

Legittimati a tale opposizione, che è soggetta ad una efficacia temporanea di venti anni, salvo la possibilità di rinnovazione, sono il coniuge e i parenti in linea retta del donante.


[1] Cfr. G.L. Ferrari, Molinari G..F., Diritto delle successioni, Sefer, 2020.

[2] A. Geraci, Compendio di diritto civile, Nel diritto editore, 2020.

[3] Art. 563 comma 4 c.c.