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Violazione di sigilli: accertamento del reato
Definizione
Il codice penale punisce il reato della violazione dei sigilli.
Ed infatti, ai sensi dell’art. 349 c.p. “Chiunque viola i sigilli, per disposizione della legge o per ordine dell’Autorità apposti al fine di assicurare la conservazione o la identità di una cosa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032″.
“Se il colpevole è colui che ha in custodia la cosa, la pena è della reclusione da tre a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 3.098”.
Ebbene, la ratio sottesa a tale legge è quella di tutelare l’esigenza di mantenere l’integrità delle cose sottoposte a vincolo dall’Autorità pubblica, impedendo manomissioni non autorizzate.
Trattasi di un reato comune, non trattandosi né di un reato proprio né di un reato qualificato.
Il bene giuridico meritevole di tutela è il buon andamento della pubblica amministrazione ma anche l’interesse alla conservazione della cosa sulla quale è apposto il sigillo.
Trattasi, infine, di un reato di evento procedibile d’ufficio.
Violazione di sigilli: accertamento del reato
In merito all’accertamento del reato è di recente intervenuta autorevole giurisprudenza penale.
Sul punto, “Nell’ipotesi di reato di violazione di sigilli, quando sia stato consumato in un arco temporale prossimo all’apposizione dei sigilli da parte della polizia e l’imputato non solo abbia proseguito i lavori abusivi, attuando, dunque, la suddetta violazione dei sigilli, ma questi erano anche stati portati a compimento al momento del secondo accertamento operato dalla Forza Pubblica, vista la natura istantanea del delitto de quo, non può che ritenersi che il relativo tempus commissi delicti vada retrocesso, al momento dell’apposizione stessa dei sigilli”.
A stabilirlo è stata la Corte d’Appello di Napoli, Sezione VI Penale con la Sentenza del 20 marzo 2023 n. 3075.